Doveri e diritti


Il rapporto biunivoco e la stretta interdipendenza tra diritto e dovere furono variamente interpretati e sono diventati oggetti di studio filosofico, ma mai in ogni caso smentiti, se si escludono le esperienze dei regimi totalitari e delle forme di governo che subirono un’involuzione in senso autoritario, nella quale tra diritto e dovere si instaurò un rapporto di esclusione reciproca.
Hannah Arendt tuttavia, nell’ambito della propria riflessione politica, non esclude che quest’ultime esperienze abbiano stimolato la coscienza dei propri diritti. Il concetto che la Arendt intende proporre è connesso con le idee dell’umana libertà e spontaneità che devono disporre di uno spazio in cui esercitarsi. Arendt individua nella politica lo spazio nel quale l’uomo consegue i propri diritti ma nel quale realizza e appaga sé stesso. La politica pertanto si configura come spazio nel quale il singolo realizza sé stesso. La Arendt ha ricercato le origini di una partecipazione alla vita comunitaria, alla politica, intesa come vita appagata e libera condivisa con altri. La disponibilità del diritto implica pertanto conseguentemente l’esercizio del dovere al quale l’uomo si adegua, appagando nello stesso tempo sé stesso.
Ricostruendo il percorso e le tappe che condussero alla consapevolezza del diritto e conseguentemente del dovere bisogna considerare Giuseppe Mazzini, che vi ricopre un ruolo fondamentale. In quest’ultimo il dovere assume una connotazione fortemente religiosa. La concezione mazziniana del dovere assume un contenuto edonistico e somiglia molto alla beatitudine che ogni religione postula all’interno della propria dottrina. Gli estremi appagamenti, la felicità che gli uomini attingono, a cui gli uomini partecipano anche sulla terra non possono scaturire che dalla conoscenza e dall’adempimento dei doveri. Il reclamo e persino la conquista dei diritti non migliorano neanche materialmente la condizione umana. Tutte le scuole rivoluzionarie predicarono all’uomo che egli è nato per la felicità che ha diritto di ricercarla con tutti i mezzi; Mazzini presuppone tuttavia l’adempimento del dovere: “ogni vostro diritto non può essere frutto che d’un dovere compito”. La priorità che è stata accordata al diritto, avverte Mazzini, conduce inevitabilmente ad un trito atteggiamento egoistico. Ciascun uomo che disponga del diritto si preoccupa infatti di conseguire la propria felicità senza alcun riguardo per l’altro.
Mazzini prelude ad un’etica di responsabilità nei confronti degli altri che sarà recuperata dal pensiero filosofico successivo.
Schopenhauer definisce infatti la propria un’etica di responsabilità nei confronti di sé e degli altri, che prevede un atteggiamento di pietas. Schopenhauer ritiene che l’atteggiamento etico non dipenda da un imperativo categorico formulato dalla ragione, ma piuttosto da un’esperienza, da un sentimento di pietà attraverso il quale l’individuo assume su di sé la sofferenza altrui.
La società che pertanto, nonostante il conseguimento dei diritti, sarà capace di debellare il morbo dell’egoismo e realizzare una partecipazione attiva alla vita comunitaria concretizzerà la previsione utopistica del socialismo di Owen.

Giulia Napolitano 5 B Liceo Classico ‘Galileo’ Firenze